martedì 9 marzo 2010

Commenti su coltivare le connessioni

Per l’ennesima volta la rilettura del saggio “Coltivare le connessioni” con il tentativo di fissare alcune riflessioni.
Rete = insieme di nodi e connessioni che non hanno né ordine né gerarchia, i nodi sono equivalenti e ognuno ha una struttura interna composta a sua volta di organizzazione e reti. La rete cresce spontaneamente in modo caotico.
Queste puntualizzazioni mi affascinano perché evocano un senso di infinito e di dinamismo continuo e nello stesso tempo mi preoccupano perché mi prospettano un errare senza fine alla ricerca di approdi significativi che richiedono pazienza e tempi lunghi, soprattutto per me che non amo reazioni immediate e che fatico nell’ipermediatezza moderna. Anche nel conversare mi piace ponderare le risposte e tenere conto del punto di vista dell’altro e della sua reazione, percorrere i sentieri della rete mi attrae per le molteplici scoperte ma mi “ruba” tanto tempo.
Ognuno può essere protagonista , ognuno nella sua individualità può apportare ricchezza ma bisogna avere tempo di soffermarsi a raccoglierla e a cercare di restituire in cambio qualcosa.
Internet = living network, è una cosa viva perché vive sono le comunità ospitate.
E’ un’immagine molto bella, ci sono molte comunità che possono esprimersi come non riescono a fare nella vita reale, di sicuro Internet moltiplica le possibilità di incontrare “compagni di viaggio” che condividono i nostri stessi interessi, mi piacerebbe però non dovere andare così lontano. Nella mia realtà scolastica non c’è il tempo di parlarsi, di scambiarsi esperienze, di discutere di aspetti educativi o innovativi, forse un piccolo spazio dedicato ad ogni scuola potrebbe essere come un sassolino che buttato nel mare crea cerchi sempre più grandi e raggiunge spazi altri. La crescita personale e individuale va bene ma non sempre è spendibile nella realtà in cui si opera e il rischio è quello di trovarsi soli, di avere intravisto la luce fuori dalla caverna ma di non riuscire a persuadere gli altri a lasciare le ombre rassicuranti. Manca l’identità nelle istituzioni scolastiche, qualcosa che le connoti in base ai progetti pensati per quelle particolari realtà in cui sono inserite e le finalità si costruiscono insieme, come gruppo di docenti che sanno collaborare e dialogare.
Non solo si sono interrotti i fili di trasmissione del sapere che fluivano per osmosi dai vecchi ai giovani in cui si rintracciava la conoscenza delle cose vive, oggi in molti casi il sapere viene erogato chiudendosi nelle proprie classi, in un rapporto insegnante-alunni che taglia fuori non solo il mondo ma anche i colleghi che lavorano nella stessa classe insegnando discipline diverse. L’unitarietà dell’insegnamento diventa un’utopia e la conoscenza, oltre che essere artificiale diventa anche estremamente frammentata. In questi casi come riconoscere il valore di Internet che apre al mondo se c’è il timore di aprire la porta della classe?
Le metafore utilizzate per chiarire il concetto di coltivare le connessioni sono molto efficaci e sottolineano la pazienza nel cercare i propri feed da seguire e da coltivare, senza fretta, con attenzione e con cura, la stessa che richiede un orto che va seguito ogni giorno con sguardo amorevole nell’aspettativa di vedere crescere e produrre ciò che si è seminato.
La figura della madre si collega a quella del ruolo dei genitori che non è più ben definito, del resto è mutato anche il concetto di famiglia e si è perso il valore degli anziani per cui non ci si può stupire della perdita della conoscenza implicita che prima era respirata in casa o nella comunità. Oggi servono corsi per imparare ad educare oppure si delegano le varie istituzioni/agenzie educative ed i figli crescono sempre sommersi di cose ma molte volte privi di valori che sappiano orientarli a districarsi nella società odierna sempre più complessa. La figura dell’insegnante mette l’accento sulla necessità di preoccuparsi della qualità, non importa se i nostri feed non sono numerosi, basta che apportino valore aggiunto alla nostra conoscenza.
Navigare in Internet genera ansia perché nella grande quantità di connessioni si ha paura di perdere qualcosa ma proprio per questo è necessario cercare un percorso proprio che sia in grado di soddisfare l’esigenza o i bisogni del momento che si sta vivendo e proprio perché le opportunità sembrano infinite e aumentano ogni giorno, c’è sempre la possibilità di trovare sentieri nuovi che prospettano nuove visuali prima di reimmettersi di nuovo nel percorso scelto.
Mi piace molto anche la riflessione su quanto lo studiare in modo tradizionale non aiuti ad essere flessibili e ad adattarsi al nuovo. Purtroppo la scuola non valorizza il desiderio di studiare inteso come arricchire la propria conoscenza, in genere si privilegia la capacità di trattenere informazioni fino al momento delle verifiche e degli esami e poi è inevitabile resettare i contenuti per incamerarne altri e questo non aiuta a crescere e a godere di ciò che altri prima di noi hanno pensato o scoperto.
Penso che lo stare on line sia un concetto ancora oscuro per molti che non riescono a intravederne le possibilità, io so solo che ultimamente la mia didattica in classe senza Internet è monca, povera, è come un discorso poco fluido con parole smozzicate. Gli occhi dei bambini si accendono di curiosità e di domande se si dà loro spazio e la rete è uno degli strumenti che oggi può permettere loro di scoprire e rendere ancora vivo il sapere.

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