sabato 23 gennaio 2010

Karawan. Dal deserto al web


Karawan. Dal deserto al web di Mernissi Fatima
Giunti

In questi giorni sto progettando un viaggio in Marocco, un viaggio al femminile di cinque donne che nell’ambito del loro lavoro hanno a che fare con famiglie straniere. Ci accompagnerà Mohamed, il mediatore che opera con noi nelle situazioni più critiche e una donna italiana che parla arabo. Non sarà una vacanza ma un viaggio alla scoperta di questa cultura e per avviare una riflessione sul mondo femminile e sulle implicazioni della migrazione in Italia. E’ prevista la visita e la permanenza in un villaggio per conoscere il mondo tradizionale e l’incontro con alcune voci della cultura araba. Fra queste vorremmo incontrare Mernissi Fatima ed ho cominciato a leggere il suo libro.
Già nelle prime pagine è stato doveroso fare delle sottolineature:
“…il Sufi persiano Bistami nell’VIII secolo raccomandava il viaggio come strumento di auto-conoscenza e ripeteva a chiunque lo volesse stare a sentire che lo scambio è più facile con uno straniero con cui si hanno delle affinità che con un parente prossimo che non condivide le nostre idee: “ Dio mio, quante persone vicine ci sono di fatto lontane: E quanti stranieri lontani ci sono molto vicini!”… “
L’ho sperimentato personalmente nelle ore trascorse con amici di altre culture a parlare senza tener conto del tempo che passava e nei silenzi che colmavano di un vuoto denso e pesante le conversazioni con italiani molto distanti dal mio modo di essere e di pensare la vita.
Forse questo spiega i rapporti intensi che possono nascere nella rete, al di là dei luoghi, del tempo e del sostrato culturale di cui siamo impregnati.
Questo nelle prime sette pagine, la lettura si preannuncia interessante e se davvero avrò il piacere di incontrare questa scrittrice, un po’ di lei già mi apparterrà.

3 commenti:

  1. Buon viaggio: nel libro prima, nella realtà poi.

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  2. E' tutto un mondo da scoprire, riusciremo a vincere i pregiudizi e a lavorare per favorire l'acoglienza e l'integrazione ? Nel mio piccolo un po' ci sto provando...con qualche "E' proprio il caso?" da parte di qualche collega. Nella mia scuola, un piccolo plesso, ci sono solo 5 bambini stranieri, di origine turca.Di questi 3 sono nella mia classe. L'anno scorso 2 di loro hanno cambiato casa, spostandosi dalla periferia al centro del paese (3 Km circa)...ma non hanno voluto cambiare scuola. Il papà non ha la macchina e tutte le mattine venivano a piedi; non si fermavano in mensa per cui in alcuni giorni facevano il percorso casa-scuola per quattro volte. Finchè, con il consenso della famiglia mi sono informata affichè potessero almeno usufruire del sevizio bus e poi, a seguire la dote scuola...sono più contenta quando questo papà viene a chiedermi di aiutarlo a compilare un documento rispetto ad un'operazione di aritmetica corretta. E sono contenta che questi bambini, nonostante i disagi abbiano voluto rimanere con noi.
    Come ha detto Luisa, buon viaggio Giovanna...sarà sicuramente una splendida esperienza. (Un regalo per la Laurea!)

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  3. Grazie Monica per la tua esperienza. Da molti anni incontro baambini e famiglie straniere e capisco la tua gioia. Le famiglie si affidano completamente a noi insegnanti soprattutto quando vedono che i loro figli sono accolti. E' una grossa scommessa sul futuro dei loro figli perchè affidandoceli un pò li perdono e non è facile aiutare questi bambini a crescere nel rispetto della loro identità culturale e di impliciti che ignoriamo completamente. Certe cose non si trovano sui libri, solamente mediatori veramente preparati che sanno guardare la realtà attuale con sguardo culturale ci possono aiutare a capire alcune situazioni. per esempio, nel caso di bambini pakistani è di solito inutile richiedere ai genitori di svolgere un ruolo educativo perchè questo è compito dello zio primogenito nel caso del maschio e della zia primogenita nel caso delle femmine, per cui, quando incontro le famiglie devo considerare anche la presenza degli zii, veri responsabili dell'educazione.
    Quando si crea un rapporto di fiducia, l'incontro è arricchente e di solito l'atteggiamento problematico dei bambini migliora. Peccato che molti insegnanti abbiano ancora una visione eurocentristica della cultura e del progresso e non riescano a valorizzare le esperienze che si presentano loro. Tutto ciò oltretutto nel luogo che per eccellenza è deputato a formare gli adulti di domani.

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